ACID HOUSE: la musica nata con lo smile

É Venerdì 6 ottobre e siamo tutti un po’ più felici, o meglio, sorridenti. Sarà la giornata mondiale del cioccolato, della pizza o della Mariujana? Sfortunatamente nessuna delle tre, però sempre di un evento si tratta: oggi è il World Smile Day.

Questa curiosa ricorrenza nasce dall’idea dell’americano Harvey Bell che nel 1999 ha deciso di istituire il World Smile Day per celebrare la famosa emoji inventata proprio da lui nel 1963 come logo della compagnia di assicurazioni di Worcester “State Mutual Life Assurance Company”.
Ma la smiley face che tutti conosciamo non è solo un banale simbolo per esprimere felicità, bensì è stato manifesto di un’intera generazione: quella dell’acid house.


Magliette, spille, manifesti e copertine di fanzine… Ormai la faccina gialla era ovunque.
Ma come mai è stata scelta come logo?
Quale elemento in comune può avere un sorriso con un genere musicale?
Beh, prima di tutto c’è da dire che nella cultura rave è normale fare uso di sostanze come ecstasy e MDMA ai party, le quali rendono la serata più “allegra” e riescono anche a far sorridere una massa di giovani depressi e problematici. Ed è proprio qui che sta il paradosso della generazione X cresciuta tra le rivoluzioni del Sessantotto e la seconda Summer of Love: giovani che hanno sempre combattuto per nobili ideali, si ritrovano a non essere felici, e quindi a rifugiarsi in una continua festa. La smile è usata come logo per mascherare una società profondamente infelice e disadattata, che cerca rifugio dalle difficili situazioni storiche nei rave.


Infatti la cultura house nasce proprio negli anni difficili di metà e fine decennio ’80, il quale era iniziato con la guerra fredda, per poi concludersi con il crollo del muro di Berlino.

Altra storia invece è stata la moda che si è creata attorno, divenuta subito uno degli elementi caratterizzanti della sottocultura. Subito dopo essere approdata in UK, i giovani hanno iniziato a chiedersi quali canoni estetici avrebbero dovuto seguire per partecipare ai party acid, e soprattutto che abiti indossare. Nell’arco di poche settimane, tute e vestiti baggy hanno iniziato a spopolare tra i giovani clubbers, rivoluzionando il futuro sia del mondo della moda underground, sia dell’alta sartoria.

Insomma, i raver si possono definire gli ultimi veri esteti del XX secolo: tra feste, droghe e smile sono riusciti a distogliere l’attenzione di una generazione intera dalle spinose questioni storiche, politiche e sociali, o meglio, sono riusciti a far tornare il sorriso. 🙂

 

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