Yannis Philippakis e il rock viscerale dei suoi Foals

Foals
I Foals saliranno sul palco del Magnolia mercoledì 19 luglio per la loro unica data italiana

I Foals sono una di quelle band che si è fatta da sola. Dopo l’hype iniziale con l’esordio Antidotes nel 2008 si sono conquistati il pubblico solcando ininterrottamente i palchi di tutto il mondo.

Ricordo la prima volta che vennero a suonare a Milano davanti a 50 persone al Rainbow Club e se lo ricordano anche loro.

Poi l’Italia fu snobbata per cinque anni fino al tour di Holy Fire il loro album di maggior successo del 2013. La band del carismatico Yannis Philippakis torna per un unica data italiana mercoledì 19 luglio al Magnolia, non c’è un album da promuovere ma solo la voglia di tornare a solcare i palchi dopo una lunga pausa prima di entrare in studio per lavorare al successore di What Went Down, il loro ultimo disco. Non avendo un album da promuovere, preparatevi delle sorprese, come ci ha anticipato il chitarrista Jimmy Smith.

Yannis Philippakis sul palco di Reading 2016 – ph. Emma Swann

Ciao Jimmy dove sei?

Ciao, sono nel letto di casa mia hahaha! Sono pigro, o meglio lo sono diventato in sette mesi di stop dopo tre anni in cui non abbiamo mai smesso di suonare.

Cosa vi ha spinto a tornare sul palco senza un album di supporto?

E’ un tour necessario, non ci siamo visti per molto tempo e a settembre cominceremo a lavorare al nuovo album quindi è un tour per ritrovare l’affiatamento sul palco a mente libera. Abbiamo molta voglia di tornare a suonare live.

Non avendo un album di supporto cosa dobbiamo aspettarci dalla setlist?

Un po’ di sorprese, stiamo provando pezzi che non suoniamo da un po’, soprattutto dal primo album, un lavoro a cui i nostri fan sono molto affezionati e che dal vivo suoniamo sempre poco.

Potrebbe essere un punto di partenza per il nuovo lavoro, una sorta di ricominciare dall’inizio?

Credo che sarà un nuovo inizio ma è impossibile che sarà simile al nostro primo album, all’epoca eravamo giovani, acerbi e carichi di un energia differente. What Went Down in un certo senso ha chiuso il cerchio cominciato con Total Life Forever e proseguito con Holy Fire, una sorta di trilogia non conclamata, questi album sono uno l’evoluzione dell’altro hanno un legame. L’intenzione è quella di cambiare direzione, certo rimanendo noi stessi, stiamo cercando di trovare l’equilibrio tra musica esplorativa e musica che si connette a un pubblico più ampio.

Hai un album dei Foals nel cuore più di altri?

È strano con gli album… Se dico che What Went Down è il nostro lavoro migliore poi mi sento in colpa per gli altri… Ma ho molti ricordi legati a ciascuno che mi porto nel cuore, Antidotes fu il nostro debutto quindi l’album più eccitante, Holy Fire è stato il nostro tentativo di fare un album rock moderno. Di What Went Down invece ricordo delle session velocissime e intense per questo ora abbiamo deciso di prenderci del tempo, ne andava della nostra sanità mentale.

Info: Radar Concerti

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