Ghemon: non me ne fotte dei numeri come ai miei colleghi, il mio disco è un’altra cosa

Ph: Stella Lane Bortoli Mua: Elena Gaggero

Alle 00:00 del 22/09 per la prima volta dopo più di due anni e mezzo, la voce di Ghemon, rinchiusa dentro il suo diaframma è uscita allo scoperto attraverso il suo nuovo disco.

Un Temporale è il asingolo che ha anticipato l’uscita di Mezzanotte, un album molto intimo e vero. É letteralmente una psicoanalisi nell’affondo della sua anima e nelle sensazioni che ha vissuto nell’arco di tempo in cui lo ha composto.

Da OrchiDee a qui la strada è stata lunga, 14 tracce per uscire dalla depressione che lo aveva bloccato davanti alla porta di casa sua, davanti alla sua Venere creativa. Lo abbiamo incontrato per scoprire cosa fosse successo prima e cosa gli sta accadendo ora.

Ph: Stella Lane Bortoli
Mua: Elena Gaggero

La mezzanotte di Avellino è diversa da quella di Milano? Cioè saresti mai riuscito a fare un disco come questo nella tua città d’origine?

Io penso che sarei riuscito a farlo dovunque, perché è frutto delle considerazioni sullo stato delle cose e sui rapporti umani. Nelle pause di crescita in cui tiri le somme, puoi raggiungere il buio e risalire verso il giorno. Insomma: per scrivere questo disco mi è bastato vivere. Che detto così sembra facile, ma non lo è.

Perché sei finito a Milano a far musica e non Napoli o Roma, o ovunque?

Ho vissuto ad Avellino fino alla fine delle scuole, poi Roma dieci anni, poi Treviso, poi Milano. Ho viaggiato per la musica più o meno ovunque nel mondo e quindi ho ampliato gli orizzonti. Milano al momento per ritmi e proporzioni è la città perfetta per me, l’unica veramente europea che abbiamo in Italia. Non era una questione di avere le radio e le etichette a portata di mano. Può aiutare, ma se sei pigro non ottieni un cazzo né a Milano, né ad Aosta e né a Trapani.

Quanto ti è pesato nella tua carriera non assomigliare a nessun altro artista in Italia?

Tantissimo, è un dono e una maledizione. E oggi che rappare e cantare si fa con molta spontaneità, io non mi sono posto il problema di venire confuso con gli altri. Anche se non lo dico mai, penso che dovrebbero essere molto più preoccupati quelli che fanno cose come le mie, perché io muoio sempre ma mi rialzo, e sempre con un vestito diverso. Ho ambizioni importanti anche quando i numeri sembrano non supportarle o gli artisti del momento sono altri. C’è una citazione che amo: «La cronaca si distrae, la storia no».
Ci sarà tempo per dire se ero un pazzo montato o un innovatore.

Ph: Stella Lane Bortoli
Mua: Elena Gaggero

Da prima del tuo demo, quand’è che ti sei innamorato della musica?

Da piccolo in macchina di mio padre. Poi quando ho iniziato ad ascoltare rap a 12/13 anni, poi di nuovo quando ho scoperto l’rnb. Ma è un innamoramento che si rinnova tutti i giorni. Ascolto un quantitativo di musica enorme.

Cosa fa Ghemon quando non è Ghemon?

«Mia moglie non sa che mentre sto guardando fuori dalla finestra in realtà sto lavorando», diceva uno più bravo di me. Provo a darmi quanti più momenti di normalità perché questa è una cosa da cui non stacchi mai. È una cosa che non va bene, già ne ho tanto di distacco dalla realtà di mio. Mi serve perciò anche fare una fila alle poste, tornare nella quotidianità. E poi, guarda, non ho mai usato il mio lavoro come biglietto da visita, non do mai per scontato che esco di casa e la gente sappia chi sono. Lascio che le persone mi trattino normalmente, testo se è più importante la luce che ho dentro o quella riflessa. Dicono che è un discorso molto umile, ma non è che io non mi valuti, anzi, penso cose alte di me, ma il rispetto me lo guadagno. Proprio perché so di avere qualcosa da dare di speciale, preferisco dimostrarlo, non mi faccio viaggi.

In ogni traccia di questo disco c’è sempre un riferimento a una donna, quanto conta la figura femminile nella tua creatività? Mi sembra un disco per scopare, potrei utilizzare ogni singola frase dei brani e far bagnare qualsiasi donna…

Sono diverse, una più ricorrente e altre più marginali. Mezzanotte è un diario di vita. Avevo chiuso una relazione importante e sono stato single un anno, quindi il sesso è stato parte integrante della mia quotidianità e ne ho scritto. Anzi, a un certo punto era diventato troppo, quel sesso che è una ricerca ossessiva di altro e che poi ti svuota. Mi sono fermato, perché non serviva a niente se non a evitare di pensare. Poi la mattina dopo te ne accorgi. Non scrivo per scopare ma scrivo di scopare. Se qualcuno mi dovesse desiderare per quello che dico nei pezzi, bene, quella non è nemmeno la metà del perché dovrebbero… Hahha!

Nelle ultime interviste che hai fatto, il suono del tuo disco mi sembra esser passato in secondo piano, la depressione che hai affrontato ha preso il sopravvento, perché la musica deve avere un contorno per attirare l’attenzione? Cosa pensi della musica di oggi è tutto quello a cui è legata, come i social o mille videoclip al mese?

Ho fatto un outing che ritenevo necessario perché mi sento una voce e non un cantante. So che condividere certe storie può aiutare chi le ascolta, come è stato per me quando le ho sentite raccontare da altri. Io sono fiero di questo disco, non è mai stata fatta una cosa così in Italia e lo so. Ai media serve altro, soprattutto nel mio caso, di un disco e un’idea di musica per cui in Italia non ci sono i riferimenti per decodificarmi. Non è un disco indie, non è un disco pop, non è un disco trap, non è un disco rap con la band, è un’altra cosa, gli ascoltatori lo stanno capendo benissimo ed è un successo, la stampa di settore meno. E comunque chi se ne fotte, mi verrà dato atto di quello che sto facendo. Questo è la mia necessità da sempre: essere unico. Apri YouTube e dimmi che è la prioritá dei miei colleghi, vecchi e giovani, ti sfido. Per loro essere unici significa avere numeri più grandi di tutti. È una cazzata.

L’aneddoto più brutto e quello più bello che ti è capitato durante la composizione di questo disco?

La cosa più brutta è stata affrontare la depressione e altre cose da solo, tutti attorno a me sono scomparsi, o peggio hanno giocato sul mio senso di colpa senza alzare un dito e peggiorandola. Non auguro nemmeno al mio peggior nemico una cosa cosí gretta. La cosa più bella è che per questo mi sono incazzato, l’ho affrontato, ho reagito, sono ricaduto, ho lottato ancora, ho fatto una enorme pulizia karmica e ho aperto a persone nuove. Mi sento un po’ come il protagonista di Old Boy, hai presente? Quello che è stato incarcerato ingiustamente per anni, esce dalla prigione e si vendica. Metaforicamente, lo sto facendo. Anzi ho solo iniziato.

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