The Fluid Issue – 1 persona, 8 Personaggi #3 Samuel Serafin a.k.a. Rebecca

The Fluid Issue - 1 persona, 8 Personaggi. #1 Samuel Serafin a.k.a. Tommy ClapsThe Fluid Issue - 1 persona, 8 Personaggi. #1 Samuel Serafin a.k.a. Rebecca

Rebecca Tintoretto, restauratrice, era una a cui avresti lasciato le tue chiavi di casa. Non si definiva affidabile, ma scoperta. Non c’era un filtro tra i suoi sentimenti e le sue espressioni. La sua vita interiore era di sughero, a galla. Cercava di frequentare meno gente possibile per limitare le sue verità di carne e i conseguenti imbarazzi.

La domenica Rebecca si sentiva obbligata a partecipare alla grigliate del padre malato e, nel sentire l’odore di grasso sciolto di maiale, rigurgitava dietro un cespuglio di bosso. Ancheggiava, non poteva farci niente, allora si voltava spesso indietro. Se conversando con un’amica faceva un complimento o criticava un conoscente, afferrava subito il telefono per controllare che intanto non le fosse partita una chiamata all’interessato. Il mondo era così aperto, lo spazio così avvolgente. Se fosse vissuta in una realtà a due dimensioni si sarebbe sentita più libera.

Non poteva immaginare un marito migliore di Antonio. Da otto anni, ogni settimana, in un giorno a sorpresa così che Rebecca non ci si abituasse, le spediva in laboratorio un mazzo di tulipani blu. Da parecchio lei non riusciva più a farci l’amore. Antonio era pulito, per carità. Ma la sua pelle aveva un che di untuoso. Quando la baciava le sembrava di aprire una scatoletta di tonno. Non poteva simulare.

Cercava di non incrociare sguardi maschili.

Obbligata, col bancario o col panettiere, premeva il palmo contro lo spillo con testa di perla che teneva nella tasca della giacca e assumeva un’espressione di dolore che gli uomini scambiavano per disgusto. Solo i suoi sogni erano di piombo, a fondo. La mattina si svegliava eccitata e non c’era verso che si ricordasse perché.

Un lunedì di luglio le faceva male un molare. È andata nel palazzone dalle parti di Gioia dove sta il suo dentista. Ha preso l’ascensore insieme a un paio di derby nere con la fibbia, ben lucidate, a occhio un 43. Di sicuro, circa un metro e ottanta più in alto c’era anche una faccia, tra le scarpe e la faccia un sacco di altre cose, ma lei ha tenuto lo sguardo basso con allenata autodisciplina. Una grossa mano con la fede ha premuto il 7, lei d’istinto ha fatto lo stesso.

“Che fa, non si fida?” ha detto una voce appena roca.

“Non lo so” ha borbottato lei, usando lo spillo.

Il tizio non ha più risposto.

L’ascensore si è bloccato di colpo.

“Cazzo” ha detto la voce roca e la mano con la fede ha premuto qualche volta il pulsante ALT.

“Ma che fa?” ha detto Rebecca.

“Alt non viene mai schiacciato, a volte si ossida, bisogna sbloccarlo”.

“Non mi pare che ripartiamo”.

“Nel vano c’è aria per settimane” ha detto il tizio, allegro.

Rebecca gli ha dato la schiena e ha alzato lo sguardo contro il soffitto marrone. Così basso, così cieco. Una striscia di metallo correva lungo l’intero perimetro come una cerniera spessa un pollice. Oltre a loro due, le uniche persone lì dentro erano quelle stilizzate dei divieti.

“Premo l’allarme?” ha detto lo sconosciuto.

Lei ha alzato di nuovo lo sguardo. La lampada rotonda si è spenta.

Rebecca, ancora di schiena, ha inspirato tre volte, velocemente, come per fare prendere la incorsa alle parole. “No” ha detto forte, godendosi il rimbombo da pareti fonoisolanti, “faccia quello che deve fare”. Ha appoggiato i palmi alla parete e ha spinto il sedere contro i pantaloni dell’uomo.

“Come?” ha detto quello, “in che senso?”

“Coprimi” ha urlato Rebecca.

“Coprimi?”

Rebecca si è alzata la gonna e abbassata le mutandine.

Lui, intanto, le sussurrava “bella cavalla”.

Dopo dieci minuti la luce si è accesa e l’ascensore è ripartito automaticamente per il piano terra. Appena le porte si sono aperte Rebecca ha preso l’uscita, occhi sul pavimento, senza salutare.

A casa, è scesa subito in garage. Ha liberato il bagagliaio della sua station wagon da una mensola roccocò e da vecchi giornali. L’ha pulita con aspirapolvere e spugna. Si è data ombretto e cipria, si è guardata nello specchietto: aveva il trucco pesante, ha aperto la bocca. Ha controllato che nel ripostiglio ci fosse ancora il telo antighiaccio. È entrata nel baule, ha tirato la tendina orizzontale e si è accertata che lì dentro ci potessero stare due esseri umani, in una qualche posizione.

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