Ode Ai Giovani: Chad Moore

Chad Moore ci rende partecipi delle esperienze della sua vita, con le sue foto ci lascia avventurare tra le sue amicizie consolidate da anni nella loro quotidianità, in modo imprevedibile.

Un lavoro che potrebbe essere visto come un’ode ai giovani, anche se Chad insiste sul fatto che sta semplicemente fotografando il mondo che lo circonda e che invecchia e muta man mano.

È come se Chad stesse riscoprendo una nuova consapevolezza, come se tutta questa gioventù sia un po’ passata, perché crescendo perdi certe libertà acquisendo una sorta di nostalgia giovanile.

Ma tranquilli, ci sono ancora molte avventure da compiere.

Quando hai iniziato a scattare fotografie e cosa ti ha spinto a farlo?

All’incirca nel 2003 perché andavo in BMX ed ero uno di quei ragazzetti così radicati in quella cultura che facevo video e fotografie a me stesso e ai miei amici, tutte le volte che pedalavamo in posti differenti.

Credo però di aver cominciato a capire cosa stavo facendo nel 2006, avevo appena terminato il liceo quando intrapresi uno di quei classici road trip dove ti porti appresso un fotografo, questo tizio mi lasciò usare la sua macchina fotografica, una Yashica T4, mentre fino a quel momento io avevo sempre e solo usato una SLR.

Questa nuova libertà di essere in grado di avere immagini superiori senza una macchia fotografica enorme fu molto intrigante per me, tenendo conto che l’aspetto tecnico dell’immagine non era di mio grande interesse o per lo meno se non da un punto standard.

Ti ricordi qual è stato il primo soggetto da cui eri ossessionato al punto da dover costantemente fotografarlo?

La cosa bella della fotografia è che è in continua trasformazione, fotografi quello che t’intriga o t’incuriosisce, anche se alla fine credo che tutti cerchino solo di sperimentare su tutto, partendo dagli amici, da una pianta, dal cielo etc… si inizia con questo enorme scopo, poi si inizia a restringerlo.

Mi potresti spiegare perché sei molto interessato alla cultura giovanile?

A essere onesto credo che il termine gioventù sia circolato abbastanza, soprattutto legato alla descrizione del mio lavoro. Amo la libertà e il senso di ribellione che proviene dall’essere giovane quando pensi che tutto sia possibile.

Una caratteristica del mio processo fotografico è che ho sempre scattato gli stessi soggetti negli anni, così come invecchio io, invecchiano anche loro; adesso i soggetti che ho ritratto hanno bambini, una famiglia etc…Uno dei miei amici, Ben Rayner, con il quale ero solito uscire e andare alle feste in un passato anche non così lontano, ha avuto un bambino un’ora fa.

Ho scoperto che puoi vivere con quello spirito di libertà e ribellione finché non muori, non devi essere giovane per possederlo, infatti, potrebbe anche affinarsi con l’età.

Hai continuato a fotografare questi soggetti mentre crescevano, uscivano, facevano sesso e si ubriacavano…

Alcune di queste scene fotografate, sono comuni nella vita delle persone.

Ho pensato che fosse strano lasciare qualcosa fuori come il sesso, così ho scattato tutto, ma non vedere il mio lavoro come un documentario, le mie prime foto erano così, ovvero fotografavo quello che mi stava attorno, ma man mano che crescevo e la mia vita cominciava a prendere una forma diversa così ha fatto anche il mio lavoro, è diventato più concettuale anche se all’apparenza non sembra un concettuale nel termine classico, ora molte delle immagini sono messe in posa, ma c’è sempre quella leggera sfocatura tra ciò che è reale e ciò che è stato creato.

Credi che l’arte non dovrebbe avere barriere?

Suppongo che il punto dell’arte sia quello di avere un panorama privo di limitazioni.

Amo da sempre la fotografia perché permette alle persone di sognare, di fantasticare e di riflettere. Che cosa ti piacerebbe provassero le persone osservando i tuoi lavori?

La macchina fotografica è sempre stata un pass per l’avventura, sono abbastanza timido quindi per me è stato anche qualcosa che mi ha protetto e mi ha permesso di interagire con le persone e affrontare alcuni aspetti della mia personalità.

Suppongo che le mie fotografie rappresentino il mondo naturale, ma anche quello ideale, è una forma di terapia. Spero che le persone possano trovare un po’ di speranza in esse.

Hai qualche rituale? C’è qualcosa che fai nella tua vita solo perché ne sei ossessionato?

Mi piace svegliarmi presto e spesso andare a letto tardi. Ho problemi di sonno, ma svegliarmi alla mattina presto a New York è magico, camminare per le strade mentre i negozi stanno per aprire mi piace tantissimo.

Andresti contro i tuoi istinti per un lavoro commerciale?

I lavori commerciali sono davvero rischiosi, sono esattamente commercio, sei pagato per eseguire l’idea di un’altra persona.

È davvero complicato per qualcuno che non lavora in quel mondo. Ho imparato che se faccio un lavoro commerciale, devo lavorare con delle persone di cui mi fido completamente.

Ci vuole un po’ ma si trovano persone che possono fondere il commerciale e l’arte per vendere un prodotto e farlo con eloquenza.

Hai difficoltà a fotografare alcuni soggetti?

Come dicevo fotografo sempre le stesse persone, ma quando mi commissionano dei lavori per una rivista o qualcosa del genere è una sfida, perché a volte ci sono dei soggetti molto difficili che non comprendono quello che stai per fare, ma altre volte invece è pura magia.

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