#Whatsgoingon // Speciale musica: Joan Thiele, Frenetik&Orang3, L I M…

testi di STEFANO NAPPA // foto di JACOPO ARDOLINO // make-up di MARTINA GIUDICE

Quanto vi piace la musica? Che ruolo ha nel vostro quotidiano? In redazione noi non possiamo farne a meo ed è per questo che nella nostra ultima uscita, #whatsgoingon(clicca qui), abbiamo cercato e racchiuso in uno speciale, anche fotografico, gli artisti più influenti con una scommessa di crescita enorme in questo 2019.

Abbiamo cercato di creare una linea molto personale nella musica italiana curiosando tra i pensieri di ogni artista. In questo primo speciale c’è: Joan ThieleLes Enfants, Pinguini Tattici NucleariKaufmanL I MFrenetik & Orang3Bruno Belissimo e gli Younger & Better,
Sono stati fotografati da Jacopo Ardolino al CROSS+STUDIO di Milano mentre, tra una pausa e l’altra, si chiacchierava davanti a un buon caffè con aneddoti inediti raccontati stesso dai protagonisti.

 

 Joan Thiele

Ascoltare il debutto di Joan Thiele è come far l’amore in sincrono con la musica un passo alla volta, proprio come in un tango, parola che da il titolo al disco.

Dodici tracce per conoscere le emozioni dell’artista più promettente della scena italiana a livello internazionale; Joan canta in inglese ma la sua emotività non ha limite di contatto con la propria anima. La sua dimensione live emoziona e coinvolge proprio come il ballo originario della regione del Río de la Plata.

“Da piccola ero sempre davanti al Canta Tu con un microfono e mi sentivo le farfalle nella pancia. Avevo voglia di cantare tutto il tempo raccontando storie.”

“Le emozioni che ho nello stomaco quando canto sono così naturali che non mi sono mai chiesta: questo posso farlo? Posso cantare davanti a tante persone che hanno tutti gli occhi puntati su di me? Quello che provo quando suono è talmente spontaneo che non esistono domande.”

“La mia musica nasce sempre da un’idea, a volte nasce prima la musica oppure una frase ma c’è tanto lavoro sui miei demo. Spesso ho dei momenti dove sono super ispirata e ho tutti i chakra aperti, poi però ho momenti in cui sono in studio e per 6 ore non succede nulla. Ecco, questo è uno di quei momenti dove mi girano i coglioni.”

“Il problema è che oggi c’è un’omologazione forte, ma allo stesso tempo c’è un desiderio di essere diverso. Secondo me la differenza tra un artista e l’altro, sta nell’emozione con cui si esprime la propria arte”.

“Il titolo del disco, Tango, è inteso un po’ come la tua strada, il trovare la tua persona, quello che sei realmente. Questa espressione è molto legata alla mia musica, perché io sono ciò che sono grazie a lei.”

“Prima di ogni concerto provo a sciogliermi ballando un po’ come una stupida, a volte sono molto timida quindi questa cosa mi aiuta a cancellare le paure futili.”

Frenetik & Orang3

Donnie Brasco fin dal primo ascolto di questo duo direbbe: Che te lo dico a fare. Sono due produttori e polistrumentisti romani, hanno suonato dal vivo e realizzato brani per Gemitaiz, Carl Brave X Franco 126, Madman, Achille Lauro, Salmo, Coez, Victor Kwality, Clementino, Noyz Narcos, Ensi, Fred De Palma, Giaime e molti altri. Sono una parte essenziale dell’etichetta discografica Asian Fake, una delle più interessanti del panorama discografico italiano. Più urban di loro non esiste niente. Freschi come un ghiacciolo sotto il sole di agosto alla fermata del 2 in Porta Genova. Il loro disco, Zero Sei è nella lista dei più attesi e cambierà l’onda della scena musicale italiana.

“Prima di salire sul palco per suonare mi lavo i denti e poi cammino un po’ in tondo.”

“Mi sono innamorato della musica, quando sono andato in fissa con You Can Leave Your Hat On di Joe Cocker. A 4-5 anni volevo ascoltare solo l’intro, play sui primi 3-4 secondi iniziali e rimandavo indietro. Il cantato non lo calcolavo proprio.”

“Una curiosità su di noi due è che anche se non ci conoscevamo abbiamo in comune il primo album comprato nella vita: Bryan Adams – So Far So Good.”

” Ogni volta che iniziamo a comporre un brano è come partorire a piccoli step e quando è finito hai la gioia identica a quella di un genitore.”

“Siamo legati ad ogni brano che abbiamo prodotto, i figli so’ tutti belli a mamma sua. Ognuno ha una sfumatura personale quindi…”

“Mi sono innamorato della musica nella pancia di mia madre. Da quando sono nato non mi ricordo un attimo della mia vita senza musica. Ho iniziato a 3-4 anni a costruirmi la mia batteria con le pentole. Mi sa che mi sono innamorato di lei prima del concepimento forse!”

“Ogni producer ha la sua firma, come i pittori o come i sarti, secondo noi, gli artisti bussano alla nostra porta perché ci piace molto tirare al massimo quello che loro hanno dentro.”

L I M

Sofia Gallotti è l’artista che ci invidia mezza scena musicale mondiale. Se cerchi spazi intimi e riservati ad atmosfere esistenzialiste e sognanti sei nel posto giusto poiché L I M è tra le migliori realtà della scena ambient/ dream pop italiana.

“La musica mi ha salvato dalle vacanze pacco con i miei genitori. Ero alle medie, volevo studiare uno strumento che è stato la chitarra classica anche se avrei preferito il pianoforte. La chitarra poi era una via di fuga per me anche se ora suono il basso e le tastiera infatti sul palco non la porto.”

“L I M è un progetto in cui io mi esprimo seguendo anche il flusso del mio momento. All’inizio era anche una scoperta perché non avevo mai cantato, mettersi in gioco era molto etereo. Io a volte mi sento molto come Lana Del Ray, come se non facessi mai ridere. Ma la musica è il mio porto sicuro, nelle situazioni più disperate lei c’è sempre.”

“Un mio brano di solito nasce da memo vocali sul telefono oppure creo prima la musica attraverso delle demo che porto avanti per un po’. La fase di realizzazione è lunghissima, C O M E T l’ho scritto nel 2013 ed è uscito nel 2016.”

“Prima di salire sul palco scaldo la voce con vari esercizi, alcuni per via dei suoni che si emettono sono un po’ imbarazzanti ma per me è come se fosse un mantra.”

“Ero mega fan dei Nirvana e avevo tutta la discografia in cd, ma in vacanza aprirono il nostro camper e rubarono tutto. Col tempo li ho ri-comprati tutti! Però vedersi rubare In Utero è un po’ triste, c’era un periodo che sapevo suonare tutte le canzoni a memoria, tutte!!!”

Les Enfants

Le sonorità morbide miste al suono ambient legato dalle ritmiche rock ce l’hanno solo i Les Enfants. Questi quattro amici cresciuti in un garage della Milano ovest sono riusciti a creare uno stile proprio in mezzo alle omologazioni indie italiane. Il palco poi quando si è amici l’un con l’altro crea delle sinergie molto particolari e ogni volta ammirarli è un’emozione diversa. Tra le loro note trovi la musica per non farti soffocare dal mondo.

“A 12-13 anni ho rotto tantissimo i miei per frequentare un corso di batteria. Ascoltavo i Red Hot Chilli Peppers e un po’ di sound UK.”

“I contest mi hanno fatto capire che tutta questa mia passione poteva tramutarsi in qualcosa di più grande.”

“La prima volta che m’innamorai della musica fu ad un festival sudamericano, ero stato colpito molto dal ritmo, pensa mi avevano messo a suonare le conga”

“Noi creiamo i brani partendo dall’improvvisazione in sala prove e poi cerchiamo di strutturare attraverso delle registrazioni quello che è il brano vero e proprio. Col tempo siamo diventati più precisi in questo. In studio siamo metodici, ci stiamo sopra tantissimo, fino alla morte tentiamo di dare il massimo. Nel live invece ci lasciamo sempre uno spazio di improvvisazione o comunque proviamo delle cose esclusive mischiate ai pezzi in scaletta”

“Prima del concerto ci abbracciamo tutti insieme e ci carichiamo come se fosse l’inizio di una partita recitando un mantra improvvisato”

“Il nostro live è una cosa unica. Ci piace l’idea di proporre qualcosa di diverso, magari anche più difficile o di nicchia, meno di tendenza ma con un ‘identità precisa e nostra. L’approccio alla batteria è un segno di distinzione anche perché io mentre la suono canto anche, infatti tutti mi dicono: come fai?!?!.”

Pinguini Tattici Nucleari

Loro sono l’originalità narrativa concreta in italia, sono capitanati da Riccardo Zanotti ma tutti formano un collettivo che ad ogni uscita cura la musica con una medicina che nessuno sa produrre oltre loro. Solo Apollo e le sue muse sanno quanto realmente serva questo tipo di musica all’anima degl’italiani, in una generazione sonora confusa, fatta di storia fake con l’ego in prima linea. A breve uscirà il loro nuovo disco anche se il brano Tetris insieme al suo video resterà nella Hall Of Fame della nostra nazione. Se capiti ad un loro concerto, quel concerto sarà indimenticabile per il divertimento.

“Un po’ di tempo fa’ siamo andati a suonare a Roma e c’era Giorgia… io gli sono andato vicino e gli ho detto: Ciao, Elisa. (ahahah) Una figura di merda colossale, tutti hanno fatto una faccia basita. Non farò mai un featuring con Giorgia”

“Prima di salire sul palco si beve uno screwdriver e spesso giochiamo a briscola! Oppure faccio delle flessioni.”

“In un universo parallelo e senza limiti di budget collaboreremo con Avicii per la melodia, Zappa per la costruzione della canzone, Freddy Mercury per la voce e Keith Mon alla batteria. Noi nel pubblico! oppure se vogliono possiamo suonare il triangolo quando serve. (aahhaha)”

“A 11 anni vivevo accanto a delle giostre, ricordo che un anno se ne andarono verso febbraio dimenticando una scatola piena di CD. il primo che presi fu un Greatest Hits dei Queen. La mamma non mi ha mai insegnato a non raccogliere le cose da terra (haha). Quando l’ho ascoltato mi sono innamorato perdutamente di Freddy Mercury, lo sono ancora oggi. Fu in quel momento che m’innamorai della musica”

 

Bruno Belissimo

La vita della disco italiana è in mano a Bruno, solo lui conosce le frequenze giuste di questo defibrillatore per tenerla in vita. Il suo suono è il collante del dualismo tra realtà e finzione, tra il luogo comune e l’innovazione.

Il disco Ghetto Falsetto contiene beat elettronici che coesistono su groovy bassline tra chitarre funk e riff magnetici di sassofono, a cui si aggiungono alcuni episodi pop e atmosfere balearic house. Dal vivo tutta la sua creatività prende forma e si manifesta con un notevole impatto ed è impossibile restare in disparte senza esser coinvolti.

“Iniziare una carriera in questo campo non è una cosa che secondo me si decide all’improvviso, è più un qualcosa che ti trascina in questo loop e non ne esci più.

Io trovai un basso a casa mia che mio padre comprò così, tanto per averlo, sai i musicisti tendono a essere accumulatori seriali e gli chiesi le posizioni per iniziare, da li in poi sono andato avanti da solo.”

“Io suono il basso e durante il concerto mi creo degli assoli, una volta a un festival vicino Modena, è venuto un ragazzino che mi fa: “Dammi il basso dai, dai dammi il basso” per tipo 5 minuti da sotto al palco. Alla fine gli diedi il basso e lui iniziò a improvvisare come in una jam session. Il problema fu che dopo non sono più riuscito a farlo smettere! (ahaha)”

“Prima di ogni live e prima di salire sul palco bacio il mio computer, se non lo faccio non salgo a suonare.”

“Fin da piccolo la musica ce l’avevo in famiglia. La colonna sonora delle mie giornate era mio padre, chitarrista jazz, che faceva le scale tutto il giorno! Non era nemmeno musica, erano scale… Era impossibile per me non finire a fare questo.”

“La mia musica fa’ sorridere. Fa’ staccare dal quotidiano con un pizzico d’ironia.”

“Un mio brano nasce da qualsiasi cosa, da un giro di basso, da un suono oppure anche dall’inizio di un film. È bello invece avere in testa l’obiettivo finale, ad esempio il mio disco è stato pensato più per una dimensione live.”

 

Kaufman

La band capitanata da Lorenzo “Kaufman” Lombardi ha da non molto pubblicato un meraviglioso lavoro di undici brani scritti a quattro mani con Alessandro Raina e prodotti da Luca Serpenti.

Il loro suono racconta l’amore ai tempi dell’ansia e delle spunte blu di Whatsapp. Sono genuini e attuali. Quando suonano dal vivo hanno la particolarità di migliorarsi a ogni live, svelando in ogni concerto qualcosa di nuovo che non hanno mai fatto vedere prima.

“Quando ero piccolo mia madre ascoltava ripetutamente Baglioni e di conseguenza anch’io. Poi da adolescente ho preso tutta un’altra direzione dove ho trovato i The Cure, The Smiths e molti altri. In
questo modo ho conosciuto la musica e così mi sono innamorato di lei.

“Credo che il mio suono si differenzi sostanzialmente nella scrittura. Stiamo vivendo un momento d’oro per la musica italiana. È scoppiata una scena che dall’indie si sta spostando verso le major e la differenza tra un artista e l’altro sta proprio nella scrittura. Tommaso Paradiso scrive diversamente da Calcutta, che scrive diversamente da un altro e alla fine è quello che rimane di più dell’ascoltatore.”

“Noi della musica non possiamo farne a meno. Che ci sia o no un guadagno”

“Una cosa simpatica che capita sempre a i nostri concerti sono i limoni duri sotto al palco in prima fila, al punto che dopo un po’ diventano imbarazzanti! A noi fa piacere, scriviamo canzoni d’amore quindi ci sta, però sai alla lunga fa strano assistere a una cosa del genere dal palco.”

Younger & Better

Hanno il talento che nessuno ha sulla scena italiana, l’uscita del video Track 3, estratto dal loro ultimo disco, ha impressionato tutto il web per mesi. Il loro suono è per palati sopraffini ma incanta anche chi di musica non ne capisce un cazzo.

Savana è stato uno tra gli album più interessanti dell’anno, dieci tracce piene di cambi e sensazioni che maturano a ogni ascolto.

Se non li avete mai visti live, correte subito sulla loro pagina Facebook e scegliete una data dove ammirarli. Tra non molto usciranno dei nuovi brani contaminati da questo frullato electro-pop-indie-dance-rock che solo loro sanno mixare come uno chef di lusso. Il loro suono è una raccolta di vite, persone. Ogni suono è un susseguirsi di scenari, pensieri, idee, storie. Meglio segnarsi il loro nome in agenda subito.

“Savana, il nostro disco è stato scritto separatamente nel nostro studio. Uno di noi andava, buttava giù delle idee e l’altro magari gli aggiungeva o modificava qualcosa nell’arrangiamento.”

“Il processo della composizione di un brano è talmente lungo che poi il prodotto finale non è mai quello che è all’inizio. Quando invece suoniamo live, proviamo a cambiarlo, ci aggiungiamo come si dice in gergo un po’ di phatos.”

“Mia sorella per addormentarsi metteva delle cassette di Giggi D’alessio e quindi anche io dormivo con questo sottofondo neomelodico. Ci sono dei pezzi che mi sono rimasti sottopelle (ahhaha).

“Il nostro sound è quello che ci differenzia dalla massa. Il fatto che siamo riusciti ad unire la dance con le chitarre di Dino, che sono molto rock è una cosa solo nostra e molto personale. “

“Abbiamo capito di essere dei musicisti quando abbiamo suonato a YPSIGROCK Festival, forse li qualcosa dentro di noi è successo. Non avevamo mandato nemmeno il disco, solo qualche traccia e loro ci hanno chiamato subito a suonare.”

 

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