Nessun artista o band suona come i Mangaboo. Eccovi l’intervista

Esiste la musica, esistono i generi musicali, esistono i sottogeneri musicali e le fusion di genere poi però ci sono i Mangaboo, che sono un capitolo a parte ed unico in questo panorama musicale.

Avete ascoltato il loro disco (clicca qui)? È letteralmente una  espressione dell’originalità sonora. Siamo riusciti ad intervistarli tra un’ esibizione e l’altra.

Techno, jazz, house music, soul, elettronica. Il mondo Mangaboo è un universo vastissimo. Com’è nato questo progetto?

La nostra collaborazione è nata durante il Fringe in The Box, progetto del Torino Jazz Festival/ Fringe. Francesco registrava e campionava i musicisti che suonavano al festival, con lo scopo di creare nuove tracce di musica elettronica.
Tutto è iniziato da un campione di trombone di Gianluca Petrella, intorno al quale abbiamo scritto il nostro primo singolo ‘Like a Goodbye’, da quel momento abbiamo continuato a scambiarci files musicali, finché non ci siamo accorti di aver scritto il nostro primo disco: ‘Mangaboo’.
Il campionamento è parte fondamentale del nostro modo di comporre e il suono di Mangaboo porta con se il gusto e le influenze di entrambi: la sconfinata libreria dei dischi di Francesco, i synth analogici, lo studio e gli ascolti Jazz, Soul e Hip Hop di Giulietta.

Anche il nome è molto particolare. Da dove viene?

Mangaboo è un luogo immaginario della letteratura, un immenso giardino situato al centro della terra. Ci piace l’idea che il progetto porti il nome di un luogo, perché per noi Mangaboo è il nostro club ideale dove si balla la nostra musica preferita.

Qualche mese fa avete pubblicato il vostro primo album, com’è stata l’esperienza sul primo disco?

Per scrivere il disco di Mangaboo ci siamo affidati a una macchina che per noi è ormai diventata uno strumento da anni, Akai MPC 2500, che anche nei nostri live sostituisce il computer sul palco. Siamo amanti della dinamica dell’analogico, non ci piace guardare mentre suoniamo uno schermo che ci indica il livello di CPU. L’Mpc ci consente in live di uscire con otto uscite separate audio e 64 uscite Midi, ne abbiamo quanto basta per poter suonare in live le nostre basi e i nostri synth.
La scrittura del disco corrisponde al live, abbiamo iniziato inserendo campioni e costruendo beat sull’Mpc creando così dei semplici loop su cui Giulietta ha aggiunto delle linee vocali, poi abbiamo iniziato ad arrangiare i brani. Nell’arrangiamento una delle parti fondamentali è stata la ricerca dei suoni dei nostri synth, ci consideriamo degli artigiani e ci piace “smanettare”  creando patch sempre diverse, ad esempio fare uscire il suono del Juno attraverso un vecchio Space Echo a nastro che a sua volta entra in un pedalino Electro Harmonix che sua volta entra in filtro Sherman… e così via.
I synth che abbiamo maggiormente usato per la produzione sono il Roland Juno 106, il Moog, l’Evolver, il waldorf e L’Ambika più altre simpatiche macchinette che abbiamo in studio. Tutto il materiale che è uscito dallo studio di Mangaboo è andato nelle mani di Andrea Bertolini, che guardando il livello di CPU sul suo schermo in studio ha mixato e prodotto il disco. Andrea lavora con noi anche in live e con lui stiamo già sperimentando una ricerca sulla dinamica del suono del prossimo disco, vorremmo suonasse “da paura”, ma non è così facile.

Quanto hanno influenzato questo album le città in cui vi muovete, come Torino ad esempio?

Giulietta: Torino ha avuto un ruolo molto importante nella mia formazione e nel mio approccio alla musica, sono cresciuta in una città teatro di una scena musicale fra le più importanti d’Italia, e questo ha certamente agevolato i miei incontri e collaborazioni, primo fra tutti quello con Francesco.
La mia scrittura è molto influenzata anche dai viaggi, dalle esperienze e dagli ascolti che ho fatto e che faccio in continuazione: i festival europei sono uno stimolo fondamentale, i viaggi di lavoro e di ricerca musicale da Lisbona a Marrakech fino a Dar Es Salaam sono essenziali, adoro scrivere di come si sta sott’acqua nel Mediterraneo, nel Mar Rosso e nell’oceano indiano e dunque ci devo andare spesso. In questo momento vivo fra Torino e Genova, e spesso registro e scrivo in un home studio che affaccia su un pozzo sovrastato da un busto di Giano bifronte. Giano ha due volti, scruta, studia e controlla i monti e il mare, ed io cerco di fare altrettanto.

Francesco: L’urbanità di Torino mi ha influenzato quando insieme a Pier e Samuel abbiamo costruito Motel Connection, in quegli anni abbiamo sbranato la città. E’ stata una sinergia tra noi e Torino unica, irripetibile. Mangaboo già di per se è un luogo, nuovo, immaginario, quindi può essere tutto, e io preferisco tutto a Torino in questo preciso istante.

Nei vostri video alla musica viene sempre associato ad elementi di un’arte di altri tempi (miti greci, quadri rinascimentali o ottocenteschi). A questo si aggiunge anche un concept grafico e di styling molto moderno. Musica e arte, possiamo quindi dire che Mangaboo sia la sintesi di questi due mondi?

Nell’articolo 9 della costituzione italiana si scrive di “tutela” dei beni artistici. Pensando che siamo uno dei paesi d’Europa con più abusivismo e cementifichiamo come se non ci fosse un domani, ci poniamo qualche domanda e siamo anche un po preoccupati. Il nostro patrimonio culturale è nostro! Dobbiamo gestirlo in maniera intelligente, dobbiamo riappropriarcene e non darlo in gestione.
Tutti noi guardiamo Venezia osservando un’eternità che è ancora nostra, di tutti. A nessuno è deve essere concesso di svilire il nostro territorio, è lui che ci ha protetto e custodito fino ad adesso. E’ impossibile diminuire le imbarazzanti disparità sociali se non cerchiamo di ottimizzare le nostre città e tutelare il nostro paesaggio, e questo lo dobbiamo fare tutti perché la cultura dell’Italia non può essere privatizzata, deve essere la nostra virtuosità. Ciò che percepiamo vedendo è gran parte della famosa “qualità di vita”. Il degrado visivo ci abitua al peggio.

Prossimi appuntamenti o nuove uscite imminenti?

In questo momento ci stiamo dedicando all’idea del Club e della danza. Il prossimo singolo uscirà a breve. Come concept portante del video, a cura del regista Alberto Cittone, ci siamo immaginati l’intero mondo privo di confini che danza per favorirsi un’intelligenza comune che lo spinga a progredire affrancandosi dalla stupidità della violenza del pensiero fermo. Il movimento del corpo, la danza, ci riconduce tutti a un supremo stato di uguaglianza.
I prossimi concerti avranno luogo in dei club estivi, dove il pubblico potrà ascoltare e ballare il nostro live insieme a noi:
  • 10 giugno Bahia Café, Lago di Bilancino
  • 7 luglio Napoli
  • 15 luglio Jesolo
  • 27 settembre Monaco
Stiamo scrivendo il prossimo disco che vedrà molte collaborazioni e featurings, presto le sveleremo.

Written By
More from Redazione

GOLA’S LOCOS 27: NOI FACCIAMO MUSICA NON SIAMO UNA GANG.

In Via Gola non c'è solo lo schifo di cui tutti parlano...
Read More