I Future Islands tornano con il nuovo album The Far Field puntando al grande pubblico

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Future Islands by Tom Hines

I Future Islands il pubblico se lo sono guadagnato alla vecchia maniera: facendo belle canzoni e bei dischi,  curati artigianalmente nei particolari e portandoli in giro con tour e concerti altrettanto ricchi di dedizione, dei quali era certo solo l’inizio, ma mai la fine.

Al quinto disco di inediti e a quasi tre anni dal successone di Singles il trio di Baltimora mantiene la rotta e non mostra segni di cambiamento, nonostante la recente crescita esponenziale di audience e notorietà (merito anche di una esibizione nel 2014 da David Letterman, passata alla storia per la loro performance parecchio vivace, ai limiti del posseduto).

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L’artwork di The Far Field (4AD Records) nuovo album dei Future Islands

Già al primo play The Far Field è un potenziale colpo di fulmine per i fan e gli amanti del synth pop: si parte con Aladdyn, primo gioiellino che mette in mostra il marchio di fabbrica dei Future Island: cassa incalzante, giri di basso in faccia e melodie sintetizzate che restano subito in testa.

Con Sam Herring e la sua voce ingrugnita che non si fa mai desiderare, costantemente in primo piano com’è giusto che sia. Per tutto il resto dell’album la sensazione è quella che ogni pezzo sia il potenziale prossimo singolo per le radio, cosa che con tutta probabilità, e conoscendo minimamente la storia della band, è tutt’altro che cercata o pensata a tavolino.

Basta pescare dal mazzo, e Ran ha lo stesso tiro e la stessa presa della già famosa Cave, di North Star col suo incedere un po’ tribale, e della stessa Black Rose, che ha l’unico neo di comunicare che il disco è finito.

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