Jean-Michel Basquiat: senza né arte né parte

Jean Michel Basquiat
Jean Michel Basquiat

Sono nata nel 1981. Anche Samo nasce nel 1981. La sua esistenza da artista per la scena New Yorkese di gallerie, committenti, collezionisti, addetti ai lavori. Gli concedono quel ‘ticket to ride’ che per la brama di notorietà del Jean-Michel quindicenne ribelle, confonde per free ride, free-dom ride e si confonde. La libertà, il suo senso, restano in trappola in parole sulla tela, su un muro in strada o di casa.

Jean-Michel Basquiat dipinge su qualsiasi cosa, è una necessità d’animo, di espressione, è il suo Espressionismo astratto. La pittura è come i beni di prima necessità per Basquiat, è acquisita dall’inizio, non è in discussione, ci cresce in mezzo grazie alla madre, che lo educa all’arte, lo porta per mostre. Forse è il mio artista su tutti per questo, o per tutte le parole, per la solitudine, per l’ultima opera che ha realizzato, che è la mia preferita. Forse per tutto questo o forse perché è naturalmente così e non devo chiedermelo.

E sicuramente perché ha detto che le sue opere non sono da capire, sono parole.

Le parole sono importanti ed è probabile che io stia divagando, ma andare per biografie o pseudo tali non è cosa semplice. Dire tutto, dire quello che conta, dire, distorcere, raccontando quello che secondo il proprio punto di vista può dire meglio.

Ne “Il Castello dei destini incrociati” i personaggi credono di andare incontro all’oggetto del loro desiderio, ma è un’illusione. Nella mia di illusione vorrei far stare dentro un sentire più che un personaggio, anche perché se è vero come è vero che Basquiat se ne disegna uno addosso, mettendosi in testa un’ideale corona, non è per essere il più bello del reame, è scegliere di dare ai rozzi del mondo dell’arte, o così ai suoi occhi perché lo sfruttano – l’uomo e il suo talento – quell’ homeless che si beano di aver salvato dalla strada per farne, per incoronarlo il neretto dell’arte. JEAN-MICHEL BASQUIAT NON E’ UN ARTISTA, PUNTO. JEAN-MICHEL BASQUIAT E’ UN ARTISTA NERO. Ma è lui che per 15 minuti sa sfruttarli. MA NON ABBASTANZA.

Jean-Michel Basquiat muore a soli 27 anni non per droga, non per entrare a far parte di quel sovra-(ec)citato club del 27 in cui giacciono anche i suoi miti adolescenziali Joplin e Hendrix, è per quel più banale bisogno di amore, di accettazione, che prende pure geni.

Jean Michel Basquiat
Jean Michel Basquiat “50cent Piece”, 1983

Basquiat è creolo, è un incrocio di cultura africana ed europea, che non diventano mai un incontro. O non fino in fondo. E più si pone come engagè politico, portando la questione razziale sulla tela, più questa diventa un muro, che non è più quello scelto per i graffiti e che nemmeno con la notte per mantello come Romeo diventa facile scavalcare. Jean-Michel raggiunge la fama perché è quello che vuole più di tutto, a costo di tutto, ma tralasciando che verso l’inferno te ne vai triste come chi deve.

Basquiat finisce il suo (un)famous ride da solo, come infondo è stato per tutto il viaggio. O è stato solo il viaggio lisergico di un giovane uomo che ama cose stupefacenti? Di sicuro c’è che come uno speed è stato veloce, forse troppo o forse quello che doveva essere. E dentro ci sono stati tutti i dollari verdi della Pop art di Warhol e pure la sua parrucca -la sua amicizia?- grandi tele e grandi umiliazioni, retrospettive e giri intorno al mondo, musica e locali alla moda, donne, ma non la donna della vita e non sua madre. Madre e padre alla fine ‘ignoti’ per quell’artista che voleva anche essere ancora figlio, nonostante le fughe, non più disegnate solo sui fogli.

William Copley nel ’72 ha ripensato la bandiera USA come opera d’arte, dipingendo al posto delle stelle la scritta ‘think’.

La cosa la dice lunga sul Paese delle contraddizioni, della più grande salad bowl society, ma scondita, che non accoglie, al massimo raccoglie. E Basquiat nei suoi andirivieni davvero si è forse confuso tra stelle e parole, nonostante sapesse usarle. Forse ha cercato di afferrarne troppe. Di stelle. O forse lui, quelli che acquistando arte compravano la gente, non voleva farli pensare, convinto com’era che la bellezza nasce anche nei luoghi peggiori.

Jean-Michel Basquiat non vuole dare un senso alle cose con la pittura e non vuole interpretare un ruolo. E’ un senza né arte né parte, che oltre alla solita merda ha cercato di dare bellezza a chi fosse pronto a riceverla.

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