I 20 migliori videoclip del 2017

videoclip anno 2017

La fine del nostro percorso dedicato ai videoclip della settimana culmina con le venti visioni più importanti di un mondo sempre in stato di grazia, che anche quest’anno ci offre ottimi incontri, con un occhio alle visualizzazioni su YouTube per misurare la nostra distanza dal mondo fuori, dove, da sempre, anche la qualità può raggiungere milioni di persone. Tra artisti che hanno una totale attenzione anche per la produzione visiva, registi che, pur lavorando su diversi livelli di notorietà, mostrano una riconoscibile cifra stilistica, riusciti sodalizi che amplificano la forza espressiva di canzoni di per se evocative ed altri che fondono in maniera inscindibile musica e immagini in movimento.

  1. The Blaze “Territory” | dir. The Blaze | 8,5 Mln

Il capolavoro dell’anno per potenza emotiva e irresistibile trasporto cinematografico, che riesce a emozionare ad ogni visione e conquista fan di rispetto come Barry Jenkins e Romain Gavras. Girato in Algeria, racconta di un ritorno a casa, probabilmente dopo tanto tempo trascorso lontano, fatto di amore, dolcezza e profonda vitalità, molto fisica, che riunisce una famiglia e un gruppo di giovani amici, nonostante le diverse strade intraprese. A dirigerlo gli stessi The Blaze, al secolo Guillaume e Jonathan Alric, duo di producer francesi, che amplificano il raggio di magia del precedente “Virile”, fondendo in maniera inscindibile musica e immagini in un racconto evocativo.

  1. Young Thug “Wyclef Jean” | dir. Ryan Staake, Pomp&Clout | 30 Mln

“Wyclef Jean” è un videoclip atipico e inedito, tra i più apprezzati e premiati quest’anno (UKVMA). Il rapper Young Thug non si è mai presentato sul set e compare grazie ad alcune riprese inviate successivamente e giustapposte da Ryan Staake; il regista crea un meta videoclip, dove le idee inviate con un messaggio audio in pre-produzione vengono sviluppate con geniale ironia, con un commento in itinere, come capita in alcuni contenuti speciali di film. Citiamo un altro regista che decide di invadere il campo di visione, ovvero Nick Roney, che invita, tra fiction e realtà, i Lemon Twigs a casa dei nonni in “I Wanna Prove to You”, per mostrar loro cos’è l’amore in cinquant’anni di matrimonio.

  1. Alt-j “Pleader” | dir. Isaiah Seret | 1 Mln

Com’è florida la valle videomusicale degli Alt-j, dove i registi hanno piena libertà espressiva: da Caspar Balslev di “In Cold Blood”, al rinato Young Replicant di “Deadcrush” e “3WW”: un viaggio d’amore e resurrezione (del regista anche “Living” degli Inc. no world, come un bagno lenitivo in ritrovati album di famiglia). Ma è forse “Pleader” il migliore, diretto da Isaiah Seret (MGMT, Devendra Banhart) mostra un’emozionale aderenza tra musica e immagini. Una canzone liberamente ispirata al romanzo “How Green Was My Valley” di Richard Llewelyn, dove una famiglia di minatori sogna un futuro migliore, tematiche che ritornano nel videoclip con un tocco di “Sacrificio” di Tarkovskij.

  1. Kendrick Lamar “HUMBLE.” | dir. Dave Meyers & The Little Homies | 408 Mln

DAMN. di Kendrick Lamar è uno dei dischi più acclamati dell’anno, corredato da un lavoro per immagini incredibile, dove forse la spunta “HUMBLE.”, perché nelle sue sequenze di fuoco, in un’iconografia tra il sacro e il profano, è il più iconico. Diretto insieme al ritrovato Dave Meyers, uno dei registi protagonisti dell’anno, che ha girato per Lamar anche “LOYALTY.”, il più introspettivo “LOVE.”, nonché ottimi videoclip per Camila Cabello, Katy Perry e SZA. Obbligatori anche “DNA.” (dir. NABIL) e “ELEMENT.” (dir. Jonas Lindstroem): un omaggio al lavoro fotografico di Gordon Parks per grazia e immagini molto simile a “Truth” di Kamasi Washington diretto da A.G. Rojas.

  1. Bonobo “No Reason” | dir. Oscar Hudson | 2,8 Mln

Oscar Hudson è un altro dei registi dell’anno, abbiamo ammirato i suoi “No Reason” di Bonobo, “Lift” dei Radiohead e “Homie” di Young Thug. Videoclip molto distanti tra loro, ma tenuti insieme dalla cifra stilistica del regista, fatta di effettivi visivi di prevalente natura ottica, proprio come tiene a precisare Pulse Films in merito a “No Reason”. Realizzato senza l’ausilio di CGI ma solo grazie a “in-camera physical effects”, con carrellate nella quotidianità di un Hikikomori prigioniero del suo appartamento. Non dissimile da “Lift” dei Radiohead, ascensore tributo all’era di Ok Computer al quale il pezzo risale e che insieme a “I Promise” e “Man Of War” completa la sempre ottima videografia del gruppo.

  1. JAY-Z “The Story of O.J.” | dir. Mark Romanek & JAY-Z | 54 Mln

JAY-Z ha realizzato un videoclip per ciascun brano del suo ultimo 4:44, una riflessione sfaccettata sulle condizioni di vita delle comunità nere negli States (lo splendido “Marcy Me” dir. The Safdie Brothers) e sulla loro rappresentazione nel mondo dello spettacolo, tra parodia e denuncia, come nel capolavoro “The Story of O.J.”, clip d’animazione realizzata con Mark Romanek che segue le vicende di Jaybo, o “Moonlight” (dir. Alan Yang, Master of None), un remake con attori neri della celebre sitcom Friends. Ma c’è anche un incursione nella sfera privata del rapper, come nel coming out della madre in “Smile” (dir. Miles Jay) o il rapporto con Beyoncé in “Family Feud” (dir. Ava DuVernay).

  1. Sevdaliza “Hear My Pain Heal” | dir. Ian Pons Jewell | 204.113

Sevdaliza è un’altra delle protagoniste della videomusica 2017: in “Amandine Insensible” (dir. Piet Langeveld) è uno stock di contenuti multimediali pronto per essere acquistato, in un gioco tra identità e stereotipi, in “Bluecid” (dir. Zahra Reijs) è protagonista di un’elegante danza con il famoso porno attore François Sagat. Ma il suo video più bello succede quando intercetta Ian Pons Jewell che realizza il suo unico videoclip di quest’anno dedicato prevalentemente alla pubblicità (Finish, Google Pixel 2); in passato ha lavorato, tra gli altri, con NAO, Paolo Nutini e Vince Staples. “Hear My Pain Heal” è uno splendido noir girato a Milano intriso di mistero, dove un corpo, probabilmente l’amante, giace al fianco della cantante in una surreale allegoria della guarigione dal dolore.

  1. Leningrad “Kolshik” | dir. Ilya Naishuller | 16 Mln

Vincitore dei Berlin Music Video Awards, “Kolshik” dei Leningrad è sicuramente uno dei trionfi visivi dell’anno, girato in un luogo di spettacolo e di personaggi per eccellenza come il circo, per un estetizzante risultato sanguinario e travolgente, dove la miccia è una bolla di sapone. A dirigerlo Ilya Naishuller che, visti gli ottimi risultati e riscontri ottenuti, torna con il gruppo russo anche in “Voyage” con un malavitoso dagli inaspettati tormenti interiori. Entrambi i video sono giocati su toni di violenza, tra le lampeggianti luci rosse e blu delle sirene e sanguinari rallenty (visti anche in “False Alarm”, The Weeknd), sempre in netto contrasto con le sonorità power del gruppo russo.

  1. Moses Sumney “Lonely World” | dir. Allie Avital | 168.706

Uno dei sodalizi artistici dell’anno è quello tra Moses Sumney e Allie Avital, che è riuscita a rendere per immagini uno dei dischi di debutto più belli del 2017, “Aromanticism”, amplificandone i temi esistenzialisti e di anaffettività. Da “Doomed”, un’apnea emozionale dove è il lento allontanarsi della camera a svelarci progressivamente i temi, fino a “Lonely World”, in compagnia dell’attrice Sasha Lane (American Honey) nei panni di una sirena aliena. Un videoclip intenso e vitale, girato in un bianco e nero violento, teso e crudele come le sonorità della canzone, s’insinua sotto pelle in cerca di domande, portando anche alla memoria un film capolavoro come “Under the Skin” di Jonathan Glazer.

  1. Jil “All Your Words” | dir. Anton Tammi | 27.609

Uno dei registi sorpresa dell’anno è sicuramente Anton Tammi, nel suo curriculum compare la cura del comparto visivo dello “Starboy: Legend of the Fall Tour” di The Weeknd (cantante del quale è bene recuperare “Secrets”, diretto da Pedro Martin-Calero, nonché la passeggiata sulla Hollywood Sign di “Lust For Life” in compagnia di Lana Del Rey, regia di Rich Lee). L’estetica di Tammi è impregnata da forti e piatte gamme di colore, in “All Your Words” dei JIL, la protagonista è una ragazza nell’instante in cui dà sfogo alle fantasie di vita con una sconosciuta sul treno, per un trip eccitante, visionario, spaventoso e febbrile. Il suo secondo trip è “Uh Huh”: western tra cactus, cowboy/girl e scorpioni.

  1. Cassius “Go Up (feat. Cat Power & Pharrell Williams)” | dir. Alexandre Courtès | 1,2 Mln

Go Up dei Cassius è un divertente Frame2Frame diretto da Alexandre Courtès che gioca con l’accostamento di due inquadrature per creare efficaci intensificazioni e ossimori visivi, grazie ad uno splendido lavoro di editing per un videoclip tra il sacro e il profano, il fragile e il resistente, e ancora di curve, linee rette e morbide esplosioni. Un discorso di geometrie che investono anche l’amplesso sensoriale dello stesso regista in “Pleasure” dei Justice (NSFW).

  1. Beck “Up All Night” | dir. CANADA | 3,4 Mln

In “Up All Night” di Beck, diretto dal collettivo CANADA, una tipica ambientazione da party casalingo di eccessi e sovraffollamento diventa la corsa ad ostacoli di una ragazza in armatura che va a salvare un ragazzo sbronzo marcio, in un simpatico ribaltamento degli stereotipi di genere. Ma siamo sicuri che fosse davvero una ragazza e non una macchina d’argento a riportarlo a casa? Chi lo può dire, i videoclip dei CANADA si sempre nutrono d’azione e surrealtà.

  1. St. Vincent “New York” | dir. Alex Da Corte | 1,7 Mln

St. Vincent, con i suoi videoclip performance, come poche quest’anno, buca lo schermo. A partire da questo diretto da Alex Da Corte, artista solitamente ospitato nelle gallerie d’arte di tutto il mondo con le sue installazioni. Le sue opere si riflettono nei suoi video, come la New York in frammenti che rivivono qui in set dai colori sgargianti secondo un’estetica pop (art) molto forte, in contrasto alla malinconia di un amore che si mescola alle strade della città.

  1. Arcade Fire “Everything Now” | dir. The Sacred Egg | 14 Mln

L’antemica “Everything Now”, co-prodotta tra gli altri con Thomas Bangalter dei Daft Punk, è un deserto della gratificazione istantanea: luogo dove il gruppo si esibisce quale scenario di futuribile desolazione, di continue missioni fallite per ottenere un qualcosa che non si riesce ad avere con un semplice clic. Diretto dai The Sacred Egg, di cui vale la pena citare anche l’ottimo lavoro svolto con i Royal Blood di “Lights Out” e “How Did We Get So Dark?”.

  1. Katy Perry “Bon appétit” | dir. Dent De Cuir | 418 Mln

Uno dei massacri musicali dell’anno è sicuramente “Witness” di Katy Perry, un disco onesto ingiustamente affossato da critica e pubblico. Una produzione per immagini sempre degna di nota, culminata con lo splendido videoclip di “Bon Appétit” diretto dai Dent de Cuir, dove la cantante viene impastata, condita e cucinata dallo chef Roy Choi, proprio come le accade nel mondo discografico, non fosse che è lei nel finale a servirci la “World’s Best Cherry Pie”.

  1. Dua Lipa “New Rules” | dir. Henry Scholfield | 839 Mln

Diretto da Henry Scholfield e con le coreografie social ready di Teresa Barcelo (anche in “Die 4 You” di Perfume Genius), tra fenicotteri e complicità al femminile. È anche il più visto, con oltre 839 Mln di visualizzazioni, sopra il video evento di Taylor Swift (dir. Joseph Khan), sebbene il più visto in assoluto che vale la pena citare è “Shape of You” di Ed Sheeran, quasi 3 Mld! Coreografie belle anche per le HAIM di “Want You Back”, diretto da Jake Schreier.

  1. Charli XCX “Boys” | dir. Charli XCX e Sarah McColgan | 66 Mln

Charli XCX chiama a sé una schiera di ragazzi con cui ha lavorato o che ha avuto modo di conoscere in questi anni, colti in innocenti pose da teen magazine e in un tripudio di rosa, ribaltando l’oggettificazione del corpo femminile nella musica, in un anno poi segnato dagli scandali sessuali nel mondo dello spettacolo. Dovessimo scegliere un video femminista, potremmo citare il magico e pastellato “Mourning Song” dei Grizzly Bear diretto da Beatrice Pegard.

  1. Residente “Somos anormales” | dir. Residente | 7,2 Mln

Somos Anormales” è il stato il primo singolo solista di Residente, artista che ha debuttato anche alla regia con un videoclip primordiale: un’assurda genesi sull’origine dei peccati e sulla discriminazione contemporanea. Una delle visioni più assurde dell’anno in ambito rap, insieme a “MUMBO JUMBO” di Thierra Whack di Marco Prestini, “Gilligan” di DRAM (dir. Nadia Lee Cohen) e “Going Down” di Watsky del già citato Nick Roney.

  1. KCPK “The End” | dir. Loïc Andrieu | 2.767

Diretto da Loïc Andrieu, “The End” è un avvincente coming of age, con un travolgente uso degli effetti visivi di David Danesi: una narrazione che coinvolge una ragazza, sua madre, la scherma e un ragazzo. È un videoclip denso di misteri, proprio come “Who Wants It”, sempre dei francesi KCPK, tra i migliori videoclip dell’anno scorso. “The End“, tra cubi di Rubik, banchi di scuola, palestre e dramma, è un videoclip tutto da scoprire fino alla fine dell’innocenza.

  1. Björk “Utopia” | dir. Warren Du Preez e Nick Thornton Jones | 842.766

Björk si è rintanata in un mondo tutto, dal videoclip di “The Gate” diretto da Andrew Thomas Huang (merita il suo “Slip Away” di Perfume Genius) e salvato dal vestito di Gucci, al candore di “Blissing Me”, alle avventure con Arca in “Arisen My Senses” (dir. Jesse Kanda) fino all’Utopia: pura estasi visiva dove prende vita tutta la componente immaginifica di questa sua fase discografica, dagli ornamenti, i flauti e le maschere di James Merry al trucco di Hungry.

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