Cosa è successo lunedì sera al Pinch durante il Don’t Tell My Mom

Ogni primo lunedì del mese al Pinch Spirits & Kitchen, si svolge Don’t Tell My Mom, show inventato da Matteo Caccia. Urban, media partner dell’evento, lunedì scorso era presente. Onestamente? Se volete sentirvi felici, non perdetevene uno.

Milano, 7 novembre 2016.

Mai visto un naviglio così vuoto. Di regola c’è il bordello ad ogni baretto. Ma così non è stato… sarà stato il freddo. Sarà il lunedì che ti smorza la voglia di vivere. Meglio la combo Netflix e trash food, no?

Nah. Non fa per noi. Non fa per Urban. Sempre sul filo della nevrosi e dell’euforia, noi.

E poi c’era il Pinch aperto, col suo Don’t Tell My Mom, la massima manifestazione di socialità presente nella Metropoli.

Hang on a minute! Di che si sta parlando?

In pratica, ci sono un tot di sconosciuti che salgono a turno sul palchetto del Pinch. Magari belli bevuti. Due, tre Murphys; due, tre cocktail di quelli duri, e si va. C’è un sobrio accompagnatore musicale, un chitarrista, all’angolo del palchetto. Al centro, appunto, chiunque voglia raccontare una storia imbarazzante, sadica, surreale o semplicemente vissuta. Piccolo particolare: sono storie che i protagonisti non rivelerebbero MAI alle loro madri. Hanno cinque minuti di tempo a disposizione per completare l’esecuzione oratoria.

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Pic by Matteo Caccia

Ieri sera il Pinch era pieno allo scoppio. Ho passato la serata in piedi, o coi gomiti affondati nel piccolo tavolino di legno inchiodato ad una colonna. Girava bella musica, odore di birra e alcol, tanta gente che si appostava in platea per godersi lo spettacolo. Bicchieri che brindavano. Belle donne.

Il Pinch è un locale da Woody Allen. Se il maestro di Brooklyn ci capitasse a berci una cosa, se ne innamorerebbe in battuta, e tenterebbe di infilarlo in qualche suo fotogramma cinematografico. Ma al di là dei divanetti scorticati, della cucina a vista, al di là del quadro stile Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, è il  Don’t Tell My Mom che è un fuoco d’artificio.

Ha aperto la serata un definitivo Matteo Caccia, che paga dazio raccontandoci una scabrosa esperienza sessuale. C’era tanta energia al Pinch. Energia pulita. Da un lato è meraviglioso vedere gente esporsi e raccontare i propri cazzi davanti a una cinquantina di sconosciuti. Una ragazza ha fatto sentire l’audio whatsapp di un tipo con cui faceva sexting. Un altro è quasi morto sbranato da un Orso Polare. Cristiano da Bari ci ha spiegato perché doveva chiamarsi Erasmo, e non Cristiano. Insomma, ci vogliono ‘i pall’ per farsi eventualmente berlinare dal pubblico.

L’altra roba meravigliosa è che eravamo tutti rapiti. Tutti. Anche le persone che di regola ti iniziano un discorso e poi si bloccano a mezz’asta dopo una frase, ché devono messaggiare su Tinder, beh, anche loro erano magnetizzati dal palco e dal microfono.

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Pic by Matteo Caccia

Ci dicono spesso che siamo superficiali, e hanno ragione. Ci accontentiamo dello stato di Facebook di un influencer che prende 180 like per sentirci “informati”. Leggiamo poco, non seguiamo il dibattito politico nascondendoci dietro il classico fa tutto schifo. Nemmeno i consigli ci piacciono, ormai. Ascoltare a fondo qualcuno è diventata una qualità introvabile nelle relazioni umane.

Durante il Don’t Tell My Mum però eravamo tutti sugli attenti. Personalmente, notavo anche i piccoli tic, le reazioni dei ragazzi che si raccontavano sul palco. C’era chi si stringeva il bicipite destro con la mano sinistra per tutti i cinque minuti; chi sussurrava no questa no quando si rendeva conto di aver fatto una battuta poco divertente.

C’è stata davvero poesia e positività.

Non sapete cosa vi siete persi. Ma non preoccupatevi: a dicembre c’è la serata conclusiva del 2016. Potete rimediare.

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