22, A Million è l’ultimo lavoro discografico del gruppo Bon Iver. La band indie folk statunitense nata nel 2007 si sta facendo apprezzare sempre di più nel panorama underground americano e in Italia inizia a spopolare.
Ora è piuttosto evidente: a Justin Vernon non piacciono le etichette. Il deus ex machina che si cela dietro al nome di Bon Iver e che con For Emma, Forever Ago apriva le danze a una nuova stagione per il movimento folk, insieme a gente come i Fleet Foxes e tra gli altri, in un secondo momento, i Mumford and Sons, torna con un disco dalla duplice lettura.
Nel primo disco infatti il suo isolamento volontario nel Wisconsin aveva prodotto atmosfere acustiche e bucoliche, alimentando il proliferare di barbe lunghe e camicie a quadri tra i fan; con il secondo cominciavano i primi esperimenti elettronici sul suo ormai iconico falsetto, accompagnati dall’ampliamento della band divenuta ormai una sorta di collettivo sinfonico.

Questo 22, A Million, invece, può sì essere visto come l’ennesima trasformazione dell’artista americano: l’elettronica di synth e vocoder hanno quasi sempre la meglio sulla chitarra acustica e le frequenti collaborazioni con Kanye West contribuiscono in parte
a spiegare una produzione nella quale il suono si fa più ricercato e minimalista.
Anche in questo capitolo il perno di tutto è costituito dalla voce di Vernon e dall’importanza attribuita ai testi, come sempre in primo piano, struggenti e curatissimi. Un’ulteriore dimostrazione di quanto i Bon Iver siano in costante evoluzione, pur mantenendo ben saldi i piedi in un’identità ormai consolidata e riconoscibile.