Intervista a Tommaso Paradiso aka Thegiornalisti

ph. Maria Luisa Suriano
Tommaso Paradiso aka Thegiornalisti parla del suo nuovo disco che è completamente Sold Out.

Tommaso Paradiso aka Thegiornalisti, il cantautore droga-fobico che ama le donne e convive con l’ansia, ci racconta di sé e del nuovo album “Completamente Sold-out”.

Incontrare un personaggio pubblico è sempre rischioso. Spesso basta un’esibizione sottotono, un autografo negato o un atteggiamento poco disponibile per cambiare completamente idea su un cantante, un attore o uno sportivo. È per questo che, quando mi è stato chiesto di intervistare Tommaso Paradiso, mi sono preparato al peggio. Per fare quattro chiacchiere in santa pace, tanto per dire, avrei voluto incontrarlo a casa sua, o in quella di un suo amico, vederlo in un ambiente intimo. Fin dal primo scambio di email, però, è stato chiaro che Tommaso ci avrebbe incontrato solo e soltanto al Deus Cafe di Milano: uno dei locali più frequentati della città. Cominciamo bene, ho pensato. Incontrare un personaggio pubblico è sempre rischioso, ma qualche volta va meglio del previsto. Molto meglio. Non c’è finzione, a quanto pare, nessun filtro in questo Tommaso Paradiso. Sì, insomma, si tratta davvero di uno a posto, di uno che potrebbe essere un amico nostro. Tommaso Paradiso è un bravo ragazzo – anche se mi ha fatto l’accendino.

Tommaso Paradiso ph Maria Luisa Suriano

 

Ph by Maria Luisa Suriano

 

Tommaso, perché hai voluto che ci incontrassimo proprio qui?

Perché a Milano è diventato uno dei miei punti di riferimento, uno di quei posti in cui ti trattano in maniera speciale. E poi al Deus fanno una cotoletta da paura…

Ma cos’è sta storia che non mangi la pizza?

Cerco di tenermi un po’ in forma. Quando mangio la pizza mi sembra sempre di mangiare una cosa che proprio ti ingolfa e basta, cioè che ne mangi un pezzo e sei già grasso.

Sensi di colpa?

Sì, tantissimi, sempre. Soprattutto quando si parla di forma fisica. Non ne ho più, invece, quando si parla d’amore.

Quando tradisci ne hai?

Questo non lo dovrei dire, perché poi finisce che me scansano tutte, ma il tradimento è una cosa che quasi non avverto. È molto più grave quando non ti dai neanche un bacio, non ti fai neanche una scopata e poi ti innamori. Però, sai, quando mandi quei messaggi alle quattro di notte, ecco, io quella cosa lì non ce l’ho più. Alla fine, cazzo, gliel’hai detto e va bene così.

Senso di colpa uguale ansia. E di ansia si parlava tanto in Fuoricampo, e anche un po’ nel nuovo album.

Mah sai, io mi curo, o cerco di curarmi. Vado dallo psichiatra o dallo psicologo – che poi non ho mai capito che differenza ci sia.

Lo psichiatra è un medico e può prescrivere medicinali.

Allora è uno psicologo, infatti non mi può prescrivere manco il Lexotan. Però io lo uso, ce l’ho nella giacca.

Ah, così proprio… Sì, sì, però lo uso proprio in casi rarissimi, cioè quando proprio arriva l’attacco di panico. Quando so che sta per arrivare, mi faccio una quindicina di gocce.

Quindi ti rassicura il fatto di avercelo dietro. Ho capito che è tutta una questione di testa. Se bevo troppo, ad esempio, il giorno dopo o sto a letto o è finita: comincio a camminare male, mi gira la testa.

Paranoia. Paranoia pura. Comincio a tremare e da lì poi si innesca tutta una roba. E ogni tanto finisco anche in ospedale. Però io lo dico ai dottori: guardate c’ho un attacco di panico, fino a che non mi sedate non sto bene.

Niccoló Contessa sostiene che l’ansia sia un tratto caratteristico della nostra generazione.

Ha ragione. Chi è più adulto di noi spesso non capisce dove stia il problema, ma quando io parlo sui social di questa cosa, mi accorgo che c’è proprio una marea di gente che la condivide.

Sei sempre stato ansioso? No. Fino a un certo momento della mia vita ero la persona più felice del mondo. Avevo attorno a me la mia famiglia, i miei amici. Ero sportivo al massimo, mi sentivo sempre in un luogo sicuro, anche se mi trovavo da solo chessò, in America. Attorno ai diciott’anni è cambiato tutto.

È successo qualcosa in particolare? È capitato all’improvviso. Il corpo comincia a cagarsi sotto per qualcosa. E infatti capita sempre nei momenti di cambiamento.

Te n’eri andato di casa? Io vivo da solo da sette anni. Di sicuro la casa dei genitori è il luogo della pace. Ancora oggi quando torno a casa di mia madre sto proprio bene, molto meglio che a casa mia.

In Fuoricampo, oltre all’ansia, c’è anche un sacco di malinconia. Il nuovo album è malinconico? C’è più disperazione che malinconia.

Che è peggio. La malinconia è un sentimento più distaccato, più disincantato. Il nuovo album è più crudo, più sincero. Ha a che fare con le sbandate – del fisco e dei sentimenti. Però è sempre una disperazione felice. Nell’album c’è un pezzo che si chiama Disperato, in cui dico che se pure devo rinascere voglio rinasce’ co’ tutte ste cose terribili, perché comunque alla fine ci godo. La salvezza è farsi piacere anche queste cose qui.

C’è stata qualche esperienza che ha influenzato in particolare sulla scrittura di questo album? Due persone hanno influito profondamente sulla nascita di questo disco.

Amici o donne? Donne, donne.

Nel senso che prima stavi con una e adesso stai con l’altra? Nel senso che prima stavo con una e adesso non sto con nessuna. Diciamo che, per la prima volta, una persona mi ha fatto completamente vacillare come non succedeva da tempo, come non succedeva dal tempo delle carrozze.

Il primo “secondo innamoramento”? O è stato proprio il primo amore? No, no, il primo amore no. Però è stato un innamoramento folle, capito? Si spiega bene in Completamente. E poi ci sono stati tutti gli altri flirt, perché comunque noi siamo sempre quelli di Promiscuità.

Cesare Cremonini dice che il bello di scrivere una hit è che dopo la tua ex ti sente tutti i giorni alla radio. Il bello è dire i cazzi tuoi alla gente. Comunicazione estrema. Far sapere a quante più persone possibili la tua storia intima. Per Vasco era una forma di terapia: faceva nomi e cognomi, nei dischi. Io pure ne faccio.

Quando ho sentito il messaggio rivolto a Matilde che sta all’inizio di Fatto di te, ho avuto l’impressione si trattasse di una grandissima paraculata. Come se gliel’avessi mandato immaginandoti fin dall’inizio che lo avresti messo nel disco. Ma no, assolutamente. Quella registrazione è vera. Guarda, se c’è una cosa dei Thegiornalisti è che… io lo so che la gente a volte pensa che siamo dei paraculi, mi io ti giuro che è tutto così sputtanato il nostro modo di essere, così sincero che… pure troppo!

Dall’esterno a volte non si percepisce. Sembra sempre tutto un po’ costruito per attirare l’attenzione. Anche sta cosa che quando suoni continui a toccarti i capelli, o l’uso che fai dei social… Quello è un tic, sono tutte cose di nervosismo. I social, invece, servono per buttare via un po’ di tristezza, li uso in maniera giocosa. Il selfie, per me è l’espressione massima del cazzeggio. Instagram dovrebbe essere fatto tutto di selfie. Anche quando guardo gli altri profili, io impazzisco solo quando vedo che la gente sta sulla tazza del cesso e si fa i selfie.

Quindi questa cosa del bisogno d’attenzioni? Non ti ci rivedi? Ma sì che mi ci rivedo. Io soffro molto di sindrome d’abbandono, quindi è chiaro che più c’è gente che mi si caga più io sto proprio meglio personalmente.

Ti faccio un altro esempio. In Sold Out dici «vorrei che il [mio] funerale fosse sold out». Quando l’ho sentita ho pensato: minchia, anche da morto, anche al funerale. No, ma solo al funerale, manco al concerto! Cioè, l’unico desiderio che c’ho è di lasciare un bel ricordo. Cioè, che la gente pensa: vabbè almeno quello ha lasciato un bel ricordo. Pensa a mori’ solo. Invece proprio il desiderio è quello di fare delle cose belle in vita, in modo che al funerale, poi, sia pieno.

La sindrome d’abbandono può avere a che fare con tuo padre? Be’, manco l’ho conosciuto, direi che non ho neanche fatto in tempo a sentirmi abbandonato. Però, quando “la merda vola alta” [Tommaso cita qui Non odiarmi, n.d.a.], sento proprio il bisogno di avere la gente intorno, una relazione sentimentale, oltre agli amici.

Non odiarmi è la canzone più sincera dell’album? Sono tutte sincere. Non odiarmi è sincera ma è, forse, la meno rischiosa, a differenza delle altre in cui parlo della paura di perdere una persona o di perdere qualcosa. Come la dignità.

Max Pezzali, nella sua autobiografia, ha raccontato di come, all’inizio della carriera degli 883, il loro motto fosse: dignità zero. Niente da perdere, niente da difendere, dignità zero. [ride] È figa come cosa. Un po’ sono d’accordo, anche se bisogna distinguere per cosa valga la pena di perderla. Per un amore, per esempio, per me c’è da perderla tutta la vita. Ti pare che tu rimani con la cosa di non averle detto le cose? Però, ecco, artisticamente, andarsi a vendere, no. Non l’ho mai fatto, neanche quando potevo.

Si riesce a campare facendo i cantanti, nel 2016, in Italia? Be’ oh, io sì. Cioè adesso sì. Quella è proprio una soddisfazione. Sai, che posso pagare, che posso usare il bancomat… Perché io, poi, c’ho le mani bucate, pago per gli altri anche se non c’ho i soldi.

Ti piacerebbe fare l’attore? Pensa che mi hanno chiesto di recitare in 1993, la serie – il sequel di 1992, uscito lo scorso anno. Per il momento, preferisco concentrarmi sulla musica. Per fare l’attore ci sarà tempo.

A che ora ti alzi la mattina? Faccio il famoso “rimbalzo”: mi sveglio attorno alle otto, dopo aver dormito quattro ore, e…

Vai a letto tardissimo! Mah, sai, magari mi faccio quel goccio di troppo. Fumi? Fumo pochissimo. E poi faccio molto sport, per compensare.

Tipo? Pre-pugilistica, corsa, calcetto.

Niente droghe, invece. L’alcol lo riesco a gestire: sono sempre cosciente, magari senza freni, ma cosciente. Invece, prendermi qualcosa di chimico che chissà chi cazzo l’ha fatto, in quale Paese, da quali mani è passato, che viaggio ha fatto… no dico proprio no, cioè mi vuoi vede’ morto. Io quando la gente comincia a drogarsi me ne vado. Mi fa paranoia proprio la droga. Sono droga-fobico.

Un amico toscano dice che, alla fine, tu fai tutto per le donne. «Fa tutto per la figa», mi ha detto, «però questo, lo rende molto umano». Si finisce a fare i cantanti solo per la figa? Sì ma non nel modo che pensi tu. È proprio perché sono pazzo per le donne, proprio perché penso che siano la cosa più bella del mondo, che scrivo canzoni. Non le scrivo per conquistarle, le scrivo grazie a loro.

Puro romanticismo. Siamo anche una generazione di romantici? Mi piacerebbe, anche se ormai, tra WhatsApp e cazzi vari non si capisce più niente. Non c’è più voglia di rischiare, di dirsi le cose in faccia, di uscire una sera e buttarsi le cose addosso. Uno pensa sempre al sesso, ma è quella la cosa più bella del mondo: uscire la sera e stordirsi di parole. Non c’è niente che ti faccia stare meglio.

 

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